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Espropriazioni, la scelta dell'acquisizione sanante spetta sempre alla Pa

di Andrea Alberto Moramarco

In tema di espropriazione per pubblica utilità, non è ricorribile in Cassazione l'ordinanza con la quale il giudice amministrativo impartisce ordini al commissario ad acta nel procedimento di ottemperanza finalizzato a porre fine all'occupazione illegittima dell'Amministrazione.
Tale provvedimento non ha carattere decisorio e definitivo, spettando sempre all'amministrazione la scelta se promuovere o meno la procedura espropriativa prevista dall'articolo 42-bis del Tue (Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità).
Questo è quanto emerge dalla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 24856/2019, depositata lo scorso venerdì.

Il caso
La lunga e intricata vicenda, per certi versi paradossale, trae origine dalla occupazione di un terreno da parte del Comune di Gela, finalizzata alla costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia. Il ricorso dei proprietari del suolo, diretto all'annullamento del provvedimento che ne autorizzava l'acquisizione ex articolo 43 del Tue veniva in un primo momento rigettato e, dopo la dichiarazione di incostituzionalità della norma, accolto dagli organi della giustizia amministrativa.
In particolare, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana ordinava al Comune di Gela di restituire le aree occupate illegittimamente, ovvero di acquisirle in via transattiva o ancora di iniziare un nuovo procedimento espropriativo ex articolo 42-bis del Tue nel frattempo introdotto dal legislatore, salvo provvedere in ogni caso al risarcimento del danno. Di fronte però all'inerzia dell'amministrazione comunale, gli stessi giudici in sede di ottemperanza nominavano un commissario ad acta, il quale aveva il compito di coadiuvare l'ente locale nell'adeguarsi al contenuto della precedente sentenza.
Nemmeno l'intervento del commissario era riuscito però a definire la situazione, in quanto l'amministrazione era rimasta pressoché inerte, mentre gli stessi proprietari non erano d'accordo con i criteri fissati per la liquidazione del danno subito.

La palla passava così nuovamente ai giudici che con una ordinanza rispondevano ai reclami delle parti prorogando l'incarico del commissario. In tale provvedimento, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana invitava sostanzialmente il Comune di Gela a esperire il procedimento di acquisizione sanante ex articolo 42-bis del Tue, per via dell'impossibilità della restituzione dell'area sulla quale era ormai già edificato il Palazzo di Giustizia, nonché indicava i criteri che si sarebbero dovuti seguire nella liquidazione dell'indennità dell'occupazione e del risarcimento del danno.

La decisione
La questione arriva così all'attenzione delle Sezioni unite, dinanzi a cui i proprietari contestano la scelta dei giudici in favore della procedura di acquisizione sanante, oltre che la previsione di criteri di liquidazione da loro ritenuti non adeguati.
I giudici di legittimità dichiarano però inammissibile il ricorso, perché presentato «contro un provvedimento interinale e ordinatorio privo di qualsiasi attitudine al giudicato». Difatti, spiega il Collegio, l'ordinanza dei giudici amministrativi emanata a seguito di reclamo contro la relazione del commissario ad acta in sede di ottemperanza «non ha né il carattere della decisorietà e della definitività né l'attitudine a passare in cosa giudicata», non essendo pertanto ricorribile in Cassazione.
Nondimeno, la Suprema corte sente il bisogno di sottolineare come «è solo nel potere delle amministrazioni che utilizzano l'area occupata di promuovere o meno la procedura espropriativa» ex articolo 42-bis del Tue. Pertanto, quella dei giudici siciliani può essere ritenuta solo una esortazione e non un ordine, rientrando la scelta di attivare la procedura dell'acquisizione sanante pur sempre nella discrezionalità del Comune. Lo stesso vale poi per l'indicazione dei criteri di quantificazione delle indennità e risarcimenti, i quali costituiscono «solo un mero orientamento rivolto al commissario ad acta» per l'ausilio di cui l'amministrazione potrebbe avvalersi «sia nella prospettiva di una riapertura della trattativa con i ricorrenti che in quella di attivazione della procedura espropriativa w (articolo 42-bis del Tue).

La sentenza della Corte di cassazione 24856/2019

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