Appalti

Sì alla revisione del prezzo nei contratti pubblici di durata solo in caso di proroga, non anche di rinnovo

di Massimiliano Atelli

Come noto, tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono prevedere la clausola di revisione del prezzo (articolo 6 della legge 537/1993, sostituito dall’articolo 44 della legge 724/1994, come trasfuso negli articoli 115 e 244 del Dlgs 163/2006). La disposizione normativa ha carattere imperativo ed è posta nell'interesse pubblico per evitare che le prestazioni derivanti dai medesimi contratti possano subire nel tempo un decremento qualitativo a causa della eccessiva onerosità della prestazione.  
Al riguardo, si pone il tema del se nei contratti ‘ad esecuzione periodica o continuativa’ la revisione sia sempre dovuta, indipendentemente dal titolo del prolungamento del termine finale, e quindi non solo in caso di mera proroga, bensì anche nel caso di vero e proprio rinnovo.  
Ad avviso del Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza n. 7077/2019, in quest'ultimo caso, poiché si ha un'autentica rinegoziazione, il diritto alla revisione non può configurarsi in quanto l'impresa che ha beneficiato di una speciale disposizione la quale preveda la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di un prezzo concordato, non può poi anche pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi (si veda Consiglio di Stato, Sezione IV, 14 maggio 2014, n. 2479 e 1 giugno 2010, n. 3474; Sezione VI, 25 luglio 2006, n. 4640). Nel momento in cui le parti confermano il prezzo originario, ciò non può che significare che l'originario assetto di interessi ha conservato le originarie condizioni di equità e sostenibilità economica (su cui non incide, evidentemente, un maggiore o minore margine di lucro), secondo l'autonomo e libero apprezzamento degli stessi interessati (Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 maggio 2019, n. 3478).

Il caso
L'impresa affidataria di un contratto per la gestione e manutenzione degli impianti termici, di condizionamento ed idrici di strutture sanitarie pubbliche, adiva il Giudice amministrativo per vedersi riconosciuto il diritto alla revisione prezzi non solo nel periodo in cui il termine di scadenza del contratto era stato differito a titolo di mera proroga, ma anche per quello di ulteriore maggior durata del contratto per effetto di un intervenuto rinnovo dello stesso.

Argomenti, spunti e considerazioni 
La decisione della III Sezione persuade.
Secondo un costante orientamento (24 gennaio 2019, n. 613 e 27 agosto 2018, n. 5059), presupposto per l'applicazione delle norme (ivi compreso l'articolo 115, Dlgs n. 163 del 2006), secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale. La differenza fra i due casi è netta: la prima consiste nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario, mentre il secondo scaturisce da una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali. Dette specifiche manifestazioni di volontà danno corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario e ancorché privi di alcuna proposta di modifica del corrispettivo.
Per qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo o proroga) che viene volta per volta in rilievo, non è ovviamente rilevante il nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto, per il rinnovo di una nuova negoziazione e per la proroga del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, fermo restando, come detto, che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni (Consiglio di Stato, Sezione V, 31 dicembre 2003, n. 9302; Sezione VI, 22 marzo 2002, n. 1767).  

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