Fisco e contabilità

Enti dissestati, competenza temporale degli organi straordinari di liquidazione

di Carmelo Battaglia e Domenico D'Agostino

Con la Deliberazione n. 132/2018, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria, ha ritenuto ammissibile la richiesta di parere di un Ente dissestato circa le problematiche interpretative sulle norme che regolano le competenze dell’Organismo Straordinario di Liquidazione (Osl), anche per gli indubbi riflessi che esse hanno sulle attività contabili degli Enti dissestati, cui spetta la gestione corrente mediante la predisposizione del bilancio stabilmente riequilibrato.
L’espressione “atti e fatti di gestione”, di cui all’articolo 5, comma 2, Dl 80/2004, va interpretata alla stregua dei principi generali del diritto civile e si riferisce alle fattispecie generative delle obbligazioni, di cui all’articolo 1173 Cc.
Ai fini della inclusione nella massa passiva vanno considerati anche i debiti fuori bilancio che nascono da provvedimenti giurisdizionali, nell’osservanza dei limiti normativi generali, ratione temporis e ratione materiae.
Il caso nasce dalla necessità di interpretare la norma, allo scopo di determinare la competenza dell’Osl, nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell’applicazione degli articoli 252, comma 4, e 254, comma 3, Tuel, si intendono compresi nelle fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’articolo 256, comma 11, del medesimo testo unico.
Secondo la Corte adita, la questione evidenzia due problematiche:
a) una, di carattere generale, attinente alla corretta interpretazione della locuzione: “atti e fatti di gestione”, che figura nelle disposizioni dell’articolo 5, comma 2, del Dl 80/2004;
b) l’altra, di carattere più specifico, volta a “conoscere se essa consenta di includere nella massa passiva qualsivoglia tipologia di debito anche scaturente da provvedimento giurisdizionale, senza limitazione di sorta”.
La menzionata locuzione “atti e fatti di gestione” esprime degli elementi normativi della fattispecie ivi prevista, concernente i “debiti correlati ad atti e fatti di gestione” e, perciò, va interpretata (in base ai noti canoni ermeneutici generali, di cui all’articolo 12 delle preleggi) secondo l’uso comune delle espressioni usate dal legislatore e, dunque, secondo le ordinarie conoscenze giuridiche della materia alla quale tali elementi normativi appartengono, ossia – nella fattispecie – secondo le comuni conoscenze del diritto privato.
Sul piano della teoria generale del diritto privato, invero, i “fatti giuridici”, ossia i fattiai quali l’ordinamento annette la capacità di produrre effetti giuridici, si dividono in “atti” e “fatti” in senso stretto, a seconda della rilevanza che l’ordinamento medesimo attribuisce alla volontà di produzione di effetti giuridici, da parte di chi li pone in essere. In questo senso, la dottrina suole distinguere gli “atti” dai “fatti”, perché nei primi soltanto rileva la volontà alla produzione dell’effetto giuridico riconosciuto dall’ordinamento, laddove nel secondo non rileva, sebbene sia comunque presente, il profilo volitivo di chi ha agito. Così chiarita la portata normativa della locuzione sul piano della teoria generale del diritto privato, è da considerare che essa, nella dimensione della norma oggetto di quesito, si riferisce ai “debiti correlati ad atti o fatti di gestione”. In questa sua più specifica dimensione, la ridetta locuzione evoca le “fonti delle obbligazioni”, ovvero i fatti e gli atti produttivi di obbligazioni connesse alla gestione dell’Ente, di cui all’articolo 1173 Cc, e, più specificamente, riguarda le “obbligazioni [passive dell’Ente] che derivano da contratto, da fatto illecito o da ogni altro atto o fatto [diversodal contratto o dal fatto illecito] idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico” rapportabile alla gestione dell’Ente.
È possibile enucleare i limiti di ordine generale per la formazione della “massa passiva”: si deve trattare di un “atto o fatto di gestione” precedente il 31 dicembre anteriore all’ipotesi di bilancio riequilibrato, ma deve essere accertato entro la data di presentazione del rendiconto della gestione; si deve trattare facente parte del dissesto nel senso di tutte le conseguenze derivanti dalle operazioni di gestione antecedenti il medesimo e che hanno concorso a determinarlo, sempre che il debito abbia i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità; si deve accertare, avvalendosi della collaborazione dei responsabili competenti per materia, la sussistenza delle altre condizioni di cui al comma 4 dell’art. 254 Tuel, ossia che la prestazione sia stata effettivamente resa, che la stessa rientri nell’ambito delle funzioni e dei servizi di competenza dell’Ente, che il debito non sia stato pagato, anche solo parzialmente e che lo stesso non sia prescritto; il terzo limite di ordine generale, attinente ai debiti fuori bilancio, e segnatamente a quelli che nascono da “sentenza esecutiva”, ex 194, comma 1, lettera a) Tuel, concerne la necessità che il debito stesso sia riconosciuto dall’ente e non dall’Osl.

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