Personale

Il Tar Lazio fa marcia indietro sull’accesso ai dati reddituali dei dirigenti

di Tiziano Tessaro e Margherita Bertin

Il decreto 33/2013, come rimaneggiato a seguito del Dlgs 97/2016, riceve a pochi mesi di distanza dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3631/2016, un ulteriore colpo inferto, questa volta, dal Tar Lazio, sezione 1-quater, con ordinanza n. 1030/2017.

I fatti
La vicenda è molto semplice: alcuni funzionari dipendenti del Garante per la protezione dei dati personali si oppongono alla pubblicazione dei loro dati reddituali, ai sensi delle disposizioni del nuovo articolo 14, comma 1-bis, del Dlgs 14 marzo 2013 n. 33, il quale, come noto, prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all'articolo 14, comma 1, lettere c) ed f) del medesimo decreto n. 33 anche dei titolari di incarichi dirigenziali (ovvero, sostanzialmente, i redditi, connessi all'assunzione della carica ma non solo, del soggetto, del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. Del mancato consenso deve essere data evidenza). E si oppongono a questa pubblicazione richiamando alcune pronunce dello stesso Garante della Privacy il quale, come noto, quando faceva effettivamente il Garante aveva deprecato la full disclosure che, nemmeno tanto timidamente, si stava affacciando sul panorama normativo.
Il Garante dal canto suo, costituendosi in giudizio, dimentico dei suoi precedenti, ha stretto la mano ad Anac, citandone i provvedimenti a supporto, chiaramente, della massima trasparenza (nel caso di specie) nella pubblicazione dei redditi dei titolari di incarichi dirigenziali.

La decisione
Il Tar Lazio è stato adito per ottenere l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, di una serie di note del Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali, di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto, eventualmente previa disapplicazione dell'articolo 14, comma 1-bis, ovvero, ove necessario, per la rimessione alla Corte di giustizia dell'Unione europea, alla Corte costituzionale della questione in ordine alla compatibilità delle disposizioni sopra citate con la normativa, di seguito meglio precisata, rispettivamente europea e costituzionale.
Il Tar Lazio ha ritenuto sussistenti i presupposti per la concessione della richiesta cautelare rilevando, in particolare, «la consistenza delle questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso» e «valutata l'irreparabilità del danno paventato dai ricorrenti, discendente dalla pubblicazione online, anche temporanea, dei dati per cui è causa, da cui l'esigenza di salvaguardare la res adhuc integra nelle more della decisione del merito della controversia».
Così come il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3631 del 2016, nella prima occasione in cui avrebbe potuto dare concreta applicazione al Foia in un caso, si ricorderà, relativo ad una richiesta di accesso agli atti riguardanti i derivati che costano allo Stato qualche miliardo di euro l'anno, ha fatto marcia indietro (rispetto a quanto dallo stesso affermato nel febbraio del 2016 in sede consultiva per gli atti normativi), ora anche il Tar Lazio pare se non proprio fermare, quanto meno rallentare, la cavalcata della trasparenza nel nostro sistema.
Peraltro, proprio con riferimento all'articolo 14, come noto, Anac aveva posto in consultazione online lo schema di linee guida recanti indicazioni sull'attuazione del predetto articolo, come modificato dall'articol 13 del Dlgs 97/2016. La consultazione si è conclusa il 12 gennaio 2017 ma, a tutt'oggi, di queste linee guida nulla si sa. La coincidenza temporale con l'esito della richiesta cautelare avanzata dai funzionari del Garante appare motivo sufficiente perché Anac abbia preferito attendere le determinazioni del Tar Lazio prima di procedere con la pubblicazione definitiva delle citate linee guida.
La norma oggetto di censura da parte del Tar, almeno in fase cautelare, è applicabile anche agli enti locali e l'ordinanza qui commentata rischia di sollevare una reazione a catena da parte di tutti coloro nei confronti dei quali gli obblighi di pubblicazione ex articolo 14 si riferiscono. Apparirebbe opportuna, pertanto, una modifica della norma, così come ben potrebbe Anac, tenendo conto dell'ordinanza de qua e nelle more della decisione definitiva, suggerire nelle linee guida concernenti l'articolo 14, delle indicazioni in grado di contemperare i contrapposti interessi di chi è tenuto a pubblicare quei dati e di chi, per contro, vedrebbe pubblicati i dati propri e degli altri soggetti indicati più sopra indicati.

L’ordinanza del Tar Lazio n. 1030/2017

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