Appalti

Senza contratto scritto il Comune può non pagare il servizio di custodia autoveicoli

di Federico Gavioli

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10354/2019, ha accolto il ricorso di un Comune nei confronti di un'impresa che aveva richiesto il pagamento del corrispettivo per aver rimosso e custodito degli autoveicoli abbandonati nel territorio comunale. Questo perché la mancanza di un contratto scritto legittima l'ente locale a non versare all'impresa il corrispettivo per il servizio effettuato.

Il contenzioso
La Corte d'appello in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto l'impugnazione di un imprenditore e ha condannato il Comune al pagamento dell'importo di 15 mila euro quale corrispettivo per la custodia di veicoli abbandonati, rimossi dalla pubblica via.
La sentenza d'appello ha escluso che occorresse, a pena di nullità, una specifica previsione negoziale, nonostante la natura pubblica di uno dei due contraenti, facendo derivare l'obbligo di remunerare la custodia direttamente dalla legge.
Il Comune ha fatto ricorsso in Cassazione deducendo la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1350, del codice civile, in quanto, si doveva escludere che l'obbligazione discendesse direttamente dalla legge, e si doveva convenire che la stessa derivava da una attività negoziale della Pa in violazione della forma scritta ad substantiam prevista a pena di nullità.

La norma del codice civile
Si ricorda che l'articolo 1350 del codice civile, prevede che devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; 2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, il diritto del concedente e dell'enfiteuta; 3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti; 4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali , il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione; 5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti; 6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico; 7) i contratti di anticresi; 8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni; 9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato; 10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie, salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato; 11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari; 12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti; 13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge.

La sentenza della Cassazione
Per la Corte di Cassazione la circostanza che la fonte del dovere dell'ente gestore della pubblica strada scaturisce dalla legge non implica, a dispetto di quanto mostra di ritenere il ricorrente, che l'attività negoziale, che l'adempimento di un tale dovere sollecita, sfugga alla regola formale imposta tassativamente all'attività negoziale della Pa (articolo 17 del Rd 2440/1923). Il rispetto della forma scritta ad substantiam, prevista a pena di nullità, pertanto, deve essere comunque assicurato. Nel nostro ordinamento non c'è spazio per un facere della Pa che non trovi fondamento in una fonte normativa, comunque regolante il settore. Ciò, tuttavia, non libera l'azione pubblica dal dovere di rendere leggibile, e, pertanto, conoscibile dai consociati il percorso volitivo che conduce al negozio privato, la certezza delle clausole contrattuali e del corrispettivo pattuito e di manifestare la volontà negoziale in forme oggettive ed estrinseche. La Cassazione, pertanto, ha accolto il ricorso e ha cassato la sentenza d'appello.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 10354/2019

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