Appalti

Il presidente della holding pubblica non può essere amministratore della controllata

di Michele Nico

È nullo l'atto di conferimento dell'incarico attuato in violazione del Dlgs 39/2013 e la piena responsabilità ricade in capo all'organo conferente per le conseguenze economiche degli atti illegittimi adottati. Non fa sconti l'Autorità anticorruzione per il conferimento di incarichi in violazione della normativa in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso gli enti privati in controllo pubblico, comminando sanzioni alle quali si aggiunge, nel caso di specie, il divieto di conferire ulteriori incarichi per 3 mesi da parte dell'organo che abbia operato contra legem.

Fatti e sanzioni
Il complesso di queste sanzioni, prescritte agli articoli 17 e 18 del Dlgs 39/2013, trova applicazione con la delibera Anac n. 208/2019 per la nomina del presidente di una società holding, partecipata al 100 per cento da un Comune, alla carica di amministratore unico di una società di secondo grado, a sua volta interamente controllata dalla società pubblica.
Il presidente con la doppia carica era stato segnalato con un esposto all'Autorità, che è intervenuta prontamente per censurare la forma di governance da considerare preclusa e vietata dai principi del nostro ordinamento.
La fonte normativa che l'Anac ritiene violata è l'articolo 7, comma 2, lettera d) del Dlgs 39/2013 secondo cui «a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico» da parte di un Comune non possono essere conferiti «gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico» da parte di un ente con popolazione superiore a 15mila abitanti.
È fuor di dubbio che nella nozione di «ente di diritto privato in controllo pubblico» rientrano entrambe le fattispecie in esame, ossia la società in mano pubblica e quella di secondo grado, interamente partecipata dalla stessa.

Le ragioni del presidente
Non valgono ad attenuare il giudizio di rigore dell'Anac i rilievi espressi dal presidente coinvolto, il quale, nel fornire le controdeduzioni all'Autorità, ha osservato che la propria nomina quale amministratore unico della società controllata sarebbe stata una scelta determinata «da ragioni di maggiore omogeneità nell'esercizio di direzione e coordinamento della Capogruppo», in coerenza con quanto previsto dal Dlgs 175/2016 (testo unico sulle società partecipate).
L'Autorità confuta questi rilievi replicando che l'articolo 11, comma 14, del Dlgs 175/2016 prevede che «restano ferme le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39», norme che, pertanto, restano valide «per espressa volontà del legislatore del testo unico».
L'Anac giunge a sostenere, nella parte dispositiva del provvedimento, che l'applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 17 e 18 del Dlgs 39/2013 si giustifica anche se dal 21 dicembre 2018 sono intervenute le dimissioni dell'amministratore unico dalla contestata carica, e ciò a conferma del fatto che la violazione delle norme in materia di inconferibilità degli incarichi viene oggi considerata una fattispecie quanto mai grave e censurabile.

La delibera Anac n. 208/2019

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