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La Regione Lazio vara il piano rifiuti: a Roma subito la discarica

Sarà portato oggi in giunta per l’approvazioni il nuovo Piano rifiuti della Regione Lazio 2019-2025. L’obiettivo poi è ottenere il via libero definitivo dal consiglio regionale entro settembre. Si tratta di un testo fondamentale, che aggiorna il precedente documento del 2012-2018 e che di fatto indica le linee guida con cui andrà definito il sistema dei rifiuti del Lazio nei prossimi 6 anni. Linee guida a cui dovranno adeguarsi i comuni del territorio.

Gli occhi sono puntati soprattutto su Roma capitale, periodicamente afflitta da crisi che si traducono in cumuli di spazzatura ai lati delle strade vicino ai cassonetti. E qui il nuovo piano dà già delle indicazioni importanti: nei prossimi anni bisognerà puntare al riequilibrio territoriale degli impianti e all’autosufficienza del Lazio nella chiusura del ciclo dei rifiuti. Sono previsti cinque ambiti territoriali ottimali, grosso modo uno per ognuna delle cinque province. Tuttavia, secondo la Regione per «garantire un concreto e doveroso equilibrio impiantistico, è stato necessario definire un necessario un sub-ambito di Roma Capitale, nel quale prevedere l’autosufficienza impiantistica per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti».

Il che significa individuare sul territorio comunale di Roma una nuova discarica di servizio, di cui si parla dal 2013, anno della chiusura della mega-discarica di Malagrotta. Finora, nessuna amministrazione è riuscita a risolvere il problema, per l’opposizione della popolazione coinvolta ogni volta che veniva ipotizzato un nuovo sito. E questo nonostante il nuovo centro di smaltimento sarà destinato a ricevere, con la crescita della differenziata, meno scarti (e comunque pretrattati e quindi meno invasivi) rispetto alla vecchia Malagrotta.

Altro punto forte del piano sarà l’incremento della raccolta differenziata, con un obiettivo impegnativo: arrivare al 70% entro il 2025. Qui a pesare è soprattutto la città di Roma. Spiega la Regione: la capitale «registra una raccolta differenziata al 44,5%, per la prima volta inferiore alla media della raccolta differenziata del Lazio, che ha raggiunto il 45,5%, mentre produce il 60% dei rifiuti dell’intero territorio regionale e smaltisce il 100% di quelli indifferenziati trattati in impianti fuori dai confini comunali».

Anche sulla impiantistica il nuovo piano ha parole chiare: gli attuali impianti di trattamento meccanico biologico (vale a dire i Tmb, che in regione sono 6, di cui 3 a Roma) andranno progressivamente sostituiti con nuovi impianti basati su «tecnologie avanzate di selezione e recupero dei materiali». Non viene quindi indicata neanche la necessità di costruire nuovi termovalorizzatori (ad oggi in regione c’è attivo solo quello Acea di San Vittore, in provincia di Frosinone). E su questo punto la linea della Regione è vicina a quella della amministrazione grillina di Roma, contraria gli «inceneritori». L’obiettivo, anzi, è «ridurre del 50% in 5 anni il conferimento in discarica e inceneritore nella prospettiva di una chiusura degli impianti attualmente esistenti». In alternativa si punta a promuovere siti capaci di trasformare gran parte dei rifiuti in nuova carta, plastiche, metalli, compost, biogas, biometano e materiali per il riuso a fini agricoli e per le costruzioni. In questa ottica partirà a settembre il bando per la riconversione del sito di Colleferro (in provincia di Roma). L’impianto di termovalorizzazione (oggi non attivo) diventerà una sorta di “fabbrica green” di recupero e riciclo in grado di ricevere almeno 500mila tonnellate l’anno.

Tra le iniziative che la Regione intende mettere in campo per limitare l’impatto dei rifiuti ci sono anche gli accordi con la grande distribuzione per ridurre gli imballaggi. Inoltre si punta a introdurre la tariffa rifiuti puntuale, secondo il principio “chi meno inquina, meno paga”, e a dare incentivi ai Comuni per creare isole ecologiche e centri di compostaggio (negli ultimi anni sono stati stanziati già 87 milioni).

Una volta entrato in vigore il piano, i Comuni e le aziende pubbliche potranno procedere alla realizzazione degli impianti e dei siti di smaltimento. Altrimenti potranno farsi avanti i privati, con progetti che verranno vagliati dalle conferenze dei servizi.

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