Appalti

Sanità e trasporto pubblico locale, i costi standard slittano al 2021

I costi standard continuano a dominare il dibattito pubblico per esempio con il cambio di rotta imposto dal governo giallorosso all’autonomia differenziata. Il loro rinvio occupa invece stabilmente le norme nei decreti di fine anno.

Non fa eccezione il decreto fiscale. Che nelle bozze, all’articolo 44, rilancia la palla in avanti sulla definizione puntuale dei costi e fabbisogni standard in sanità. Ci si penserà nel 2021.

La proroga rientra all’interno di un ventaglio di rinvii diventato ormai un grande classico della fiscalità regionale. Al centro c’è l’attuazione del federalismo disciplinato nel 2011, nel decreto legislativo di attuazione (si fa per dire) della riforma Calderoli. Tre federalismi fa, nell’eterna altalena che da quasi vent’anni caratterizza i tentativi italiani sul tema.

Il rinvio al 2021, allora, coinvolge anche la definizione delle imposte e delle compartecipazioni che secondo quel disegno dovrebbero garantire vita autonoma alle Regioni.

Anche questa volta, allora, nulla di fatto per la rideterminazione dell’addizionale regionale all’Irpef, che dovrebbe essere basato sull’anno d’imposta immediatamente precedente. E per il ripensamento della compartecipazione Iva, pilastro delle entrate regionali attuali, che continuerà a seguire il meccanismo tradizionale disegnato 19 anni fa dalle leggi Bassanini.

Nei cassetti resta anche il sistema di finanziamento delle Città metropolitane. I loro bilanci dovrebbero tra l’altro poggiare su un’addizionale sul trasporto aereo. Che continua la sua attesa di tempi migliori.

Al 2021-22 guarda ora anche un altro capitolo dei costi standard. Quello che dovrebbe guidare la distribuzione fra le Regioni dei circa 5 miliardi di euro annui del fondo nazionale dedicato al trasporto pubblico locale. A prevedere il superamento dei vecchi criteri collegati alla spesa storica era stato addirittura un decreto legge, il 50 del 2017. Ma all’atto pratico tanta «necessità e urgenza» pare essere sfumata.

Per il resto, agli enti territoriali per il momento il decreto offre solo un mini-pacchetto di semplificazioni contabili. Salta il raddoppio della sanzione a carico dei Comuni che non diminuiscono i propri debiti commerciali nel caso in cui non abbiano chiesto a Cassa depositi e prestiti le anticipazioni sblocca-debiti. Anche a loro, in pratica, sono chiesti gli accantonamenti obbligatori identici a quelli che hanno bussato alle porte della Cassa per ottenere le anticipazioni da restituire entro fine anno. Salta anche l’obbligo di allegare al rendiconto la certificazione sui parametri di deficitarietà strutturale: questi dati sono infatti già assorbili dalle comunicazioni inviate alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap).

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