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Hera, lo shopping non è finito: «Il modello multiutility premia»

«La multiutility è un modello vincente, che nel tempo ha dato risposte e benefici a tutti gli stakeholder, e in Italia c’è ancora spazio per consolidare un mercato troppo frammentato rispetto all’estero». Parte da questa convinzione il presidente esecutivo Tomaso Tommasi di Vignano, alla guida del gruppo Hera dal 2002, per illustrare i punti cardine del nuovo piano industriale al 2023, che alza l’asticella rispetto al precedente business plan grazie ai conti superiori alle attese del 2019 (mol +4,8% a 1,081 miliardi) e alla joint venture nel Nord-Est con Ascopiave, grazie a cui il target di clienti viene portato a 3,5 milioni. «Sono arrivato qui che avevamo 200mila clienti energy e neppure un call center: se oggi siamo terzi in Italia dietro solo Enel ed Eni e la prima multiutility italiana per capitalizzazione – sottolinea Tommasi – è anche grazie a una governance che ha lavorato molto bene, in cui il management è sempre stato vicino ai territori e i soci non mi hanno mai chiesto un cambiamento di rotta improprio». Questo assetto, secondo il manager che nel 1997 ha guidato la completa privatizzazione di Telecom Italia, dimostra come «la presenza del pubblico, se gestita con equilibrio e correttamente, è un fattore positivo, anche se per giocare su scala più ampia, magari per ridurre il gap infrastrutturale Nord-Sud, lo Stato deve fare la propria parte con risorse e stabilità regolatoria».

Partiamo dal piano al 2031: quali sono i punti chiave?

Un ulteriore sviluppo industriale grazie a investimenti per 2,9 miliardi. Il mol al 2023 è stimato a 1,25 miliardi, in aumento di 219 milioni sul 2018 grazie al contributo di tutte le filiere. Tra cinque anni il rapporto debito/mol sarà a 2,8 volte (dai 3,05 di fine 2019 post operazione Ascopiave) e continueremo a garantire dividendi in progressiva crescita fino a 12 centesimi per azione dai 10 del 2019. Rafforziamo inoltre l’attenzione alla sostenibilità. Tutto questo, però, con un presupposto: la multiutility è un modello vincente, che permette di fare efficienze e di assorbire al meglio le innovazioni.

Grazie alla partnership con Ascopiave avete centrato con due anni d’anticipo il target sui clienti. C’è chi sostiene, tuttavia, che il prezzo pagato sia stato elevato.

Abbiamo investito una cifra importante su un’operazione per cui si era mosso tutto il mercato. Per noi Ascopiave rappresentava un completamento importante in un’area come il Veneto in cui crediamo molto. Per l’esperienza che abbiamo maturato con la nostra clientela energy puntiamo a estrarre sinergie importanti, pari a 28 milioni su arco piano; anche per Ascopiave, che si è rafforzata sulle reti gas, l’operazione è stata vincente.

Questo schema è replicabile? Su che scala?

Certamente sì. Abbiamo la solidità, le competenze e gli asset per farlo. Puntiamo a raggiungere 3,5 milioni di clienti energy attraverso l’espansione organica ma anche con la crescita per linee esterne: abbiamo una flessibilità finanziaria che ci permetterà di cogliere eventuali opportunità non inserite a piano. Attenzione però: non c’è solo l’M&A classica ma anche quella verticale, con joint venture su singole filiere come l’ambiente, e credo che oggi rappresenti una grande opportunità.

Tempo fa l’indirizzo del Governo per le grandi utility era quello di aggregare le piccole. Ora questa fase può dirsi definitivamente archiviata?

Le nostre dimensioni sono già ottimali e le abbiamo raggiunte con una politica di fusioni e acquisizioni sulle zone geografiche a noi attigue, rivolgendo sempre grande attenzione ai territori. Aggiungo che io nella grande M&A non ho mai creduto e, tanto più oggi, la ritengo superata.

Ma spazio per le aggregazioni c’è...

Vedo ancora significativi margini di consolidamento per le realtà medio-piccole, vista la frammentazione del mercato se paragonato ad altri Paesi europei. Questo processo deve proseguire e la strada da percorrere è lunga: guardiamo con favore a tutti gli orientamenti governativi e legislativi che rafforzino questa prospettiva. In quest’ottica abbiamo apprezzato la nascita di un’Autorità unica, che copre interamente il perimetro delle multiutility.

Per Hera un ulteriore consolidamento dove potrebbe portare? Aimag, Tea Mantova o ancora in Veneto, dove tuttavia Vicenza e Verona hanno avviato di recente un negoziato con A2A?

Di Aimag siamo già azionisti al 25% ma è difficile immaginare evoluzioni a breve, mentre con Mantova c’è stato un tentativo di dialogo qualche tempo fa ma non ne è nato nulla. Su Vicenza e Verona abbiamo presentato una manifestazione d’interesse ma ritengo che il modo in cui è stata scelta la strada non corrisponda pienamente alle regole del gioco. Noi aspettavamo di essere chiamati come altri, vista anche la nostra presenza e dotazione impiantistica in Veneto, per essere valutati dall’advisor ma nessuno ci ha contattato: è un passaggio che ci ha lasciato perplessi e ci rifletteremo. Vedremo come andrà la trattativa con A2A. Aggiungo anche che il caso Ascopiave dimostra che la crescita dimensionale e le partnership possono nascere anche dalle gare.

Per allargare un po’ l’orizzonte di recente si è parlato anche della possibile creazione di una multiutility del Sud, con il sostegno di Cdp, per aiutare quest’area a ridurre il gap infrastrutturale con il Nord.

Credo sia un progetto di cui Cdp ha compreso la necessità da molto tempo e la stessa Utilitalia ha ben affrontato il tema. Prima o poi qualcosa bisognerà farla, però nel modo giusto: lo Stato deve garantire stabilità normativa e risorse, che non devono essere necessariamente economiche. Con questi presupposti si possono trovare formule di collaborazione, magari su singole filiere. Certo, un progetto simile va affidato ad aziende con competenze forti.

Intanto, negli ultimi tempi, in Italia la presenza pubblica nelle aziende sembra avere ritrovato un certo appeal.

Il modello della multiutility ci dice che la presenza del pubblico, se gestita con equilibrio e correttamente, non è un fattore negativo. In generale, guardando gli ultimi 30 anni, credo che il principale errore che si possa fare è applicare ricette in base a prese di posizione ideologiche o ascoltando solo la pancia. Basta vedere quante volte si è cambiata idea sulle grandi privatizzazioni.

A proposito, la completa liberalizzazione del mercato elettrico è stata rimandata al 2022.

Certamente è un appuntamento che guardiamo con grande interesse. Speriamo che questo tempo in più serva per mettere a punto una metodologia di riassegnazione dei clienti credibile e trasparente. A valle di essa, noi puntiamo a mantenere l’attuale quota del 4% circa sul mercato libero.

Lei guida Hera da 19 anni e in primavera ci sarà il rinnovo del cda…

Preferisco non parlare di cose che non dipendono dalla mia volontà. Qui non ci si annoia e sono molto orgoglioso di quanto ho realizzato, che ci viene riconosciuto dai soci e dal mercato.

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