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Coronavirus/7 - Partecipate tenute a presentare piani valutazione del rischio aziendale e di risanamento

di Andrea Ziruolo

Con la finalità di contenere gli effetti negativi dell'emergenza Covid-19 sui bilanci delle società di capitale, tra cui quelle a partecipazione pubblica, all'artiolo 6 del Dl 23/2020 (Decreto Liquidità), il Governo ha stabilito che, dalla data di entrata in vigore (9 aprile 2020) e fino al 31 dicembre 2020, per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro il 2020 non si applicano per le Spa gli articoli 2446, commi 2 e 3, 2447, e per le Srl gli articoli 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter del codice civile in materia di riduzione del capitale per perdite e di riduzione del capitale al di sotto del limite legale. Conseguentemente, per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale secondo gli articoli 2484, comma 1, punto 4, e 2545-duodecies del codice civile.

Sicuramente la norma poteva essere scritta meglio in quanto non è immediatamente chiaro il perimetro temporale a cui riferire le fattispecie antecedenti al 9 aprile che incidono sul patrimonio sociale e che fanno scattare la sterilizzazione delle norme in tema di ricapitalizzazione/ricostituzione del capitale. Fortunatamente dalla lettura della relazione illustrativa e della relazione tecnica al Decreto Liquidità è certo il riferimento a quanto, sebbene precedente, sta producendo o produrrà i suoi effetti nel 2020.

A supporto di questa lettura, oltre al riferimento analogico alla più esplicita sospensione (articolo 10) che non consente alle aziende - finché l'emergenza sarà in atto - di avviare un procedimento di crisi in modo da impedire ulteriori pressioni in presenza di fattori straordinari e di dispersione del patrimonio produttivo, vi è il contenuto degli articoli del codice civile di cui si sterilizzano gli effetti. Infatti, indipendentemente dall'essere Spa o Srl, la norma sospende l'obbligo per gli amministratori di rendere conto all'assemblea dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione al bilancio d'esercizio (per ipotesi quello del 2019). Così come sospende l'obbligo per l'assemblea o il consiglio di sorveglianza di ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate (del 2018 coerentemente all'ipotesi su formulata) se queste, entro l'esercizio successivo (del 2019 in coerenza al ragionamento riportato tra parentesi), non risultano diminuite a meno di un terzo del capitale sociale. Analogamente è sospeso fino al 31 dicembre 2020 anche l'obbligo per gli amministratori e i sindaci o per il consiglio di sorveglianza di chiedere al tribunale, in mancanza dell'attivazione dell'organo deliberativo, che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Rispetto a quelle richiamate, rimane efficace la norma in materia di disclosure, che peraltro trova fondamento nell'articolo 58 della Direttiva comunitaria 1132/2017. Ne consegue che preservata l'efficacia dell'articolo 2446, comma 1, per le Spa e 2482-bis, commi 1, 2 e 3, permane l'obbligo per gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, di convocare senza indugio l'assemblea e di presentare la relazione sulla situazione patrimoniale.

Per le società a partecipazione pubblica non è prevista alcuna sospensione degli articoli del Dlgs 175/2016. Pertanto, la previsione dell'articolo 6, comma 2, prescrive che le società a controllo pubblico predispongano specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informino l'assemblea nell'ambito della relazione sul governo societario da presentare annualmente, a chiusura dell'esercizio sociale e pubblicare contestualmente al bilancio di esercizio. In occasione della relazione sul governo societario può essere presentata quella sulla situazione patrimoniale.

Per di più occorre considerare che l'articolo 14, comma 2, prevede azioni da parte dell'organo amministrativo della società a controllo pubblico differenti dalle previsioni dell'articolo 10 del decreto 23/2020. Infatti, qualora emergano, nell'ambito dei programmi di valutazione del rischio uno o più indicatori di crisi aziendale, occorre adottare senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l'aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento. Ne consegue che nelle società a controllo pubblico al manifestarsi della crisi occorre redigere e approvare un piano di risanamento aziendale coerente con i tempi che si stanno attraversando e che confluisca all'interno del piano industriale e del business plan della società salvaguardandone la continuità aziendale. Sempre il Tusp, ai commi 3 e 4 dell'articolo 14, precisa che «la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell'organo amministrativo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell'art. 2409 del codice civile».

Dunque anche in caso di ricapitalizzazione o di ricostituzione del capitale sociale in base agli articoli 2446, 2447, 2482-bis e ter del codice civile, la sospensione prevista dall'articolo 6 del decreto 23/2020, sebbene consenta alla società pubblica e agli enti soci di non versare quanto necessario per ripristinare l'ordinario funzionamento aziendale, non sospende la redazione dei programmi di valutazione del rischio aziendale e l'adozione dei provvedimenti conseguenti, tra cui il piano di risanamento, così come non sospende gli accantonamenti a copertura delle perdite d'esercizio da parte degli enti locali soci (articolo 21, comma 1, Dgs 175/2016.

Affinché sia chiaro il contenuto da dare al percorso da seguire occorre considerare che le imprese a cui la norma è rivolta sono quelle coinvolte in una situazione economico-patrimoniale anomala che prima della pandemia si trovavano in condizione economiche anche ottimali e che la perdita di capitale non riflette le effettive capacità e potenzialità. Pertanto, la difficoltà delle stesse nel reperire i mezzi finanziari necessari a finanziarsi adeguatamente ha spinto il legislatore a intervenire offrendo uno strumento di autofinanziamento a condizione che sia rispettato il principio di continuità aziendale.

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