Appalti

Ama, indagati gli ex-vertici per falso in bilancio

È la grande distrazione di fondi dalle casse di Roma Capitale. Una sottrazione di oltre 250 milioni di euro pagati tra il 2016 e il 2017 dai cittadini per il servizio rifiuti ma mai consegnati all’Amministrazione municipale. Un’operazione che avrebbe avuto lo scopo di coprire i debiti dovuti alle scelte sbagliate dei precedenti management di Ama, la municipalizzata che si occupa di igiene urbana.

L’accusa di false comunicazioni sociali per il 2016 pende sull’ex presidente della partecipata Daniele Fortini, manager dell’era di Ignazio Marino oggi nominato dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti a capo della partecipata Lazio Ambiente, e gli ex consiglieri Rodolfo Murra, ex capo dell’avvocatura capitolina ora nello stesso ruolo alla Regione e Carolina Cirillo, fresca di nomina alla centrale acquisti di Roma. Per il 2017 risponde l’ex amministratore unico Antonella Giglio, nominata dalla sindacata Virginia Raggi. L’imputazione riguarda la stessa società, accusata di violazione del Dl 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti.

L’indagine della Procura di Roma e del Nucleo di polizia economica-finanziaria, al comando del colonnello Gavino Putzu, si annuncia articolata. Perché ieri gli investigatori hanno acquisito una serie di atti dalla Banca Popolare di Sondrio (Bpso), dove Ama ha acceso il proprio conto corrente, e dalla direzione generale di Roma di Bnl Gruppo Bnp Paribas, con cui la municipalizzata risulta avere la maggiore esposizione debitoria.

Ad oggi il pm di Roma Claudia Terracina può contare su una relazione ispettiva compiuta dalla Banca Centrale Europea e su una consulenza tecnica. Documenti che, in entrambi i casi, hanno acceso i fari sulla distrazione di complessivi 258.645.150 euro, denaro relativo alla tassa Tari che Ama avrebbe dovuto versare nelle casse del Comune in forza di due accordi triennali 2016-2018 e 2019-2021. Tuttavia, come si legge negli atti investigativi, il denaro sarebbe rimasto all’interno del conto corrente alla Bpso. Anzi, analizzando l’ultimo bilancio disponibile, quello del 2016 (il 2017 non è stato ancora approvato), risulta un «quadro aziendale caratterizzato da una totale confusione fra il patrimonio proprio ed il patrimonio di pertinenza (gli oltre 250 milioni della Tari, ndr) di Roma Capitale». La Guardia di finanza sta ricostruendo il flusso di denaro per capire a cosa siano serviti questi soldi mai consegnati all’Amministrazione capitolina.

Di certo c’è che negli anni Ama ha aumentato la propria esposizione per scelte aziendali sbagliate, incorrendo così in operazioni finanziarie a copertura dei debiti. Dall’esame dei bilanci, scrivono gli investigatori, «è possibile rilevare l’esposizione debitoria di Ama incrementata da 1,3 miliardi di euro del 2010 a 1,6 miliardi del 2016». Aggiungono che «particolarmente rilevante è l’esposizione verso il sistema bancario». Il dettaglio più recente, quello relativo al bilancio 2016, evidenzia che «la maggior quota del debito bancario è concentrata presso Bnl Gruppo Bnp Paribas». Gli atti, poi, pongono l’attenzione anche su un sostegno finanziario ad Ama concesso da un pool di banche di cui Bnl è capofila, cui aderiscono Unicredit, Banca Popolare di Sondrio e Monte dei Paschi di Siena. L’ipotesi, tutta da verificare, è che i soldi della Tari pagata dai cittadini siano serviti a saldare i debiti.

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