Imprese

Autonomie alla prova di fondi strutturali residui e Recovery Fund

di Ettore Jorio

«Lo shock per l'economia dell'Unione è simmetrico, poiché la pandemia ha colpito tutti gli Stati membri», ha affermato la Commissione Ue alla vigilia del Next Generation Eu. «Tra i Paesi più grandi l'Italia è stata colpita per prima e con maggior forza» è quanto sostenuto da Paolo Gentiloni nell'approccio al riparto del Piano Ue di 750 miliardi. Una chiara rivendicazione «risarcitoria» degli effetti asimmetrici sopportati dal nostro Paese. Risultato, 173 miliardi per effettuare investimenti durevoli, per realizzare riforme strutturali e rendere l'economia più resiliente.

Se sono rose, fioriranno all'inizio del 2021 con una disponibilità finanziaria cash di 82 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 91 in prestiti da destinare alla ricostruzione di un Paese. Quello che ha visto in questo periodo atterrare in «area da rigore» il suo contesto geografico più produttivo (il Nord e parte del Centro) e allontanare da ogni ripresa economica il Mezzogiorno, già di per sé debole ante epidemia.

Tutto questo, con l'aggiunta dei 55 miliardi del Dl 34/2020 e della opportunità offerta dal regolamento Ue n. 2020/460, che consente la mobilità dei finanziamenti residuati alle Regioni verso i loro sistemi sanitari e i settori dell'economia indeboliti dal Covid-19, determinerà il formarsi di un bel «gruzzolo» da destinare alla progettazione e alla realizzazione di un nuovo Paese, tutela della salute in primis.

Un intervento pubblico da concretizzare presto e bene, che imporrà all'Italia un'accelerazione tale da consentirle di perfezionare le basi per la ripartenza del sistema Repubblica già nel secondo semestre dell'anno in corso, preparatoria del godimento a decorrere dal 1° gennaio 2021 delle megarisorse Ue, che saranno però verificate severamente dalla Commissione europea nella loro reale e produttiva destinazione.

Una condizione di favore, questa, che ha modo di generare uno shock reattivo nella collettività, affamata di futuro e, quindi, disponibile a rimboccarsi le maniche, che potrà così vedere ridisegnato anche il sistema sociosanitario complessivo, con un energico rimedio dei gap tradizionali e un rigoroso riempimento dei pericolosi vuoti di funzionamento ampiamente manifestatisi nel corso dell'epidemia. Un modo per renderlo più efficiente in termini di salvaguardia delle emergenze che non è detto (con i dovuti scongiuri) potrebbero ridiventare attuali nel prossimo autunno.

Con questa montagna di quattrini, mai goduti prima d'ora, il Paese potrà dunque essere rivoltato come un calzino e la Nazione portata a un attivo e operoso entusiasmo, dopo cinque mesi di paure, lutti e stati depressivi di massa.

Il problema di oggi è quello di capire i ruoli che le diverse istituzioni, che compongono la Repubblica, dovranno svolgere nell'immediato all'insegna delle leale collaborazione e nel rispetto delle regole del coordinamento della finanza pubblica.

Da qui, l'esigenza di usare subito le risorse nazionali disponibili, anche di provenienza residuale dei fondi comunitari, e programmare bene le risorse del Recovery Fund, sempreché vengano confermati nelle promesse dimensioni, specie di quelle a fondo perduto, da investire bene, a decorrere dal prossimo anno, in riforme strutturali e investimenti durevoli.

Di certo, il Governo dovrà assumersi la regia di tutta la vicenda con una corretta elaborazione di un Recovery plan nazionale ove vengano tracciate, nella più assoluta concertazione, i ruoli delle Regioni e degli enti locali, soprattutto da svolgere nell'individuazione delle priorità da negoziare con gli attori del mercato, a cominciare dalle imprese, vero motore trainante dell'economia.

Insomma, le condizioni favorevoli ci sono. Ciò che si esige è un cambio di rotta radicale rispetto ai provvedimenti governativi anticrisi che hanno ecceduto in una ratio risarcitoria disperdendo così le risorse in mille rivoli, spesso non ancora neppure godute dai destinatari.

Un compito fondamentale spetterà alle autonomie territoriali. Alle Regioni, quello di programmare un percorso di crescita diffusa - da finanziare anche con il notevole supporto delle ingenti risorse che perverranno loro dalla quota di riparto del Recovery Fund - del sistema impresa e di quello di erogazione pubblica dei servizi/prestazioni di loro competenza. Agli enti locali, quello di attuare più agevolmente le misure regionali di sviluppo territoriale ed esercitare con tempestività le politiche di rinnovamento e miglioramento erogativo delle attività afferenti alle loro funzioni fondamentali, privilegiando in ciò tutte le migliori pratiche aggregative consentite alle istituzioni comunali.

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