Amministratori

Informativa antimafia, legittima la revoca del finanziamento anche con prestazioni già eseguite

di Guido Befani

Il divieto previsto per gli imprenditori sospettati di essere passibili di infiltrazione criminale di aver rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione né fruire di alcun beneficio pubblico è tassativo, sì da dover trovare applicazione sia nel caso in cui l’erogazione non sia stata ancora corrisposta, sia nell’ipotesi in cui essa sia già stata provvisoriamente, e salvo verifica ex post, effettuata in favore d’impresa sospettata d’essere soggetta ad infiltrazioni criminali. È quanto afferma la Sezione VI del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6988/2019.

L’approfondimento
Il Consiglio di Stato è intervenuto sulla natura del provvedimento di revoca di un finanziamento a seguito di una informativa antimafia e sull’inapplicabilità in tal caso della disciplina ex articolo 11, comma 2, Dpr 252/1998.

La decisione      
Nell’accogliere l’appello il Collegio ha avuto modo di rilevare come il dettato normativo offerto dall’articolo 11 Dpr 252/1998 abbia come unico riferimento il contratto d’appalto, laddove prevede che, in caso di interdittiva sopravvenuta in corso di esecuzione di un appalto di lavori pubblici, per i lavori eseguiti prima della comunicazione prefettizia, trovano applicazioni la pattuizioni contrattuali, e quindi deve essere corrisposto all’appaltatore il compenso pattuito per le opere fin lì eseguite.
Per il Collegio, infatti, la norma non sarebbe suscettibile d’estensione applicativa alle sovvenzioni o agevolazioni – come quella in esame – risolutivamente (ab origine) condizionate, nelle quali il pagamento effettuato dall'istituto bancario concessionario è espressamente liquidato «a titolo provvisorio, fatte salve tutte verifiche di legge».
Ad ogni buon conto, pertanto, il provvedimento di ‘revoca’ deve essere qualificato come atto dichiarativo di sopravvenuta causa di decadenza; ed è suscettibile di travolgere, nella sua interezza, l'erogazione agevolata laddove, anche sotto il profilo sistematico, occorre rilevare che il Dlgs 29 ottobre 1994, n. 490 è disciplina d’ordine pubblico economico laddove prescrive che gli imprenditori sospettati di essere passibili di infiltrazione criminale non devono aver rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione né fruire di alcun beneficio pubblico.
In un simile contesto, quindi, il divieto previsto dalla disciplina d’ordine pubblico economico, strumentalmente preordinato anche a garantire la parità di concorrenza degli operatori nel mercato, è tassativo, sì da dover trovare applicazione sia nel caso in cui l’erogazione non sia stata ancora corrisposta, sia nell’ipotesi, come quella in esame, in cui essa sia già stata provvisoriamente, e salvo verifica ex post, effettuata in favore d’impresa sospettata d’essere soggetta ad infiltrazioni criminali.
Pertanto, la corretta qualificazione giuridica del provvedimento impugnato di decadenza, anziché di revoca, – anche in considerazione della natura vincolante della certificazioni prefettizia non impugnata dall’impressa resistente e dell'assenza di discrezionalità del Ministero, nel recepimento della nota della competente Prefettura – non consente l’applicazione dell’articolo 21-quinquies legge n. 241/1990 e con esso dei principi che governano l'autotutela cosiddetta decisoria.

Conclusioni
Alla luce di queste premesse, ne deriva che la revoca del finanziamento agevolato comporta, ai sensi dell'articolo 11, comma 8 del decreto attuativo Dm 1 febbraio 2006, oltre la risoluzione (prevista anche e proprio dall'articolo 11 in esame, attraverso la ‘condizione risolutiva’), la restituzione dell'importo del beneficio di cui l'impresa ha goduto fino alla data del provvedimento di revoca.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©