Appalti

Il caos sugli appalti non produce semplificazione

di Pasquale Monea e Marco Mordenti

Sembra ormai accantonata la possibilità di trovare all'interno del decreto semplificazioni, dopo il passaggio in Senato, la risposta alle domande più pressanti provenienti dagli operatori, pubblici e privati, degli appalti pubblici; per avere una sintesi tra le diverse anime che compongono l'Esecutivo bisogna attendere la revisione complessiva del Codice dei contratti. In questo modo resta tuttavia irrisolto il nodo interpretativo che si è creato con l'approvazione della legge di bilancio 2019 con il controverso ampliamento della casistica dei lavori soggetti all'affidamento diretto.
Il problema di fondo è costituito dalla compresenza nel nostro Paese di una perdurante crisi economica accompagnata da una cronica emergenza legalitaria che impedisce al Legislatore di individuare soluzioni chiare ed equilibrate, in grado di contemperare le esigenze di semplificazione con il principio di trasparenza. Da ciò conseguono frequenti situazioni di notevole incertezza per gli operatori, esposti al rischio del contenzioso e in ogni caso portati a non utilizzare proficuamente i margini di flessibilità previsti dall'ordinamento.
La disposizione prevista dal comma 912 si presta evidentemente a effetti distorsivi in fase applicativa per cui si rende necessario individuare una chiave di lettura certa e tassativa. La questione diventa urgente in vista anche della scadenza del 15 maggio 2019 entro la quale i Comuni devono iniziare i lavori finanziati con i contributi previsti dalla legge di bilancio in materia di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale.

Evoluzione delle regole
Il tema in esame si è sempre più complicato in questi ultimi anni. Infatti il codice dei contratti del 2006 riservava ampi spazi agli affidamenti senza bando, nelle fattispecie previste dagli articoli 57 (procedura negoziata) e 125 (cottimo fiduciario): non erano prescritte forme di pubblicità preventiva così come confermato dalla giurisprudenza consolidata in materia.
«Il cottimo fiduciario è definito dallo stesso articolo 125 come «una procedura negoziata, previa consultazione di almeno cinque operatori economici». Nel pensiero del legislatore, dunque, il cottimo fiduciario non è una vera e propria gara, ma una trattativa privata (si veda anche l'articolo 3, comma 40, dello stesso codice, che contiene la definizione del termine «procedura negoziata»), quindi una scelta ampiamente discrezionale. Tale discrezionalità si esercita in (almeno) due momenti: primo, l'individuazione delle cinque ditte da "consultare"; secondo, la scelta del contraente fra le ditte consultate. La discrezionalità è temperata, ma non eliminata, da alcuni princìpi, quali la "trasparenza" (che implica il dovere di una previa formulazione e comunicazione dei criteri della scelta eccetera) e, appunto, la "rotazione" (per evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo)» (Consiglio di Stato, III, 12 settembre 2014 n. 4661).
La stessa Autorità anticorruzione escludeva la sussistenza dell'obbligo di pubblicità preventiva con riferimento al cottimo fiduciario, nonché alle procedure negoziate al di sotto di una data soglia, che ciascuna Amministrazione avrebbe dovuto individuare in conformità al principio di proporzionalità tra obiettivi perseguiti e mezzi utilizzati. «Tale principio, tuttavia, non impone sempre e necessariamente ai committenti forme di pubblicità preventiva della procedura (negoziata senza bando), che comunque è in facoltà degli stessi adottare; tale scelta diventa una necessità in relazione all'importo ed alla tipologia dell'appalto» (determinazione Avcp n. 2 del 2011).
Il codice del 2016 da un lato ha eliminato l'istituto del cottimo fiduciario e dall'altro ha rafforzato il peso delle linee guida Anac nel sistema delle fonti. In questa ottica, le linee guida n. 4 hanno imposto agli enti locali di selezionare le ditte da invitare alla procedura negoziata con modalità conformi al principio di pubblicità, mediante costituzione di elenchi o con indagine di mercato previa pubblicazione di apposito avviso; al contrario, tale procedura non è prescritta in caso di affidamento diretto.

Le novità in materia di lavori pubblici
La legge di bilancio 2019 ha cercato di introdurre alcune deroghe temporanee applicabili in via sperimentale «fino al 31 dicembre 2019». In particolare, le stazioni appaltanti possono assegnare i lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro mediante affidamento diretto (articolo 36, comma 2, lettera a) del Codice) previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici; rimane invariata la procedura per gli appalti di servizi e forniture. Chi ha scritto la norma avrebbe dovuto immaginare che sarebbero insorte inevitabilmente alcune dispute interpretative analoghe a quelle già registrate in precedenza. Non manca infatti, nei primi commenti, chi da un lato mette in dubbio l'applicazione del principio di rotazione alla luce delle nuove disposizioni (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 27 dicembre 2018) e chi, dall'altro, sostiene l'obbligo di selezionare i tre operatori da invitare con modalità conformi a quelle richieste dall'Anac in caso di procedura negoziata (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 21 gennaio). Occorre interpretare la nuova norma in modo da contemperare gli obiettivi di semplificazione con il principio di legalità.

Semplificazione e legalità
Con riferimento all'istituto dell'affidamento diretto dei lavori, non sembra pertinente il richiamo obbligatorio alla costituzione di elenchi né a una fase di pubblicità preventiva rispetto alla singola indagine di mercato. Il ragionamento si fonda su un'ampia serie di ragioni di natura sia formale che sostanziale.
Anzitutto, laddove il Legislatore ha inteso precedere gli inviti con una fase preliminare di pubblicità lo ha fatto espressamente (articolo 36, comma 2, lettere b) e c). Nel caso in esame, invece, per i lavori fino alla soglia di 150.000 euro viene richiamato in modo esplicito l'istituto dell'affidamento diretto, distinguendo tale ipotesi da quella prevista per la fascia superiore, ricondotta alla procedura negoziata e, quindi, alla nota doppia fase (avviso pubblico; inviti).
È del tutto evidente la volontà del Legislatore di semplificare gli affidamenti minori, come può desumersi dal tenore letterale della norma oltre che dal Dossier del 23 dicembre 2018 del Servizio studi della Camera e del Senato. Non a caso le stesse Linee guida n. 4 non vincolano l'operato degli enti con riferimento alle eventuali indagini di mercato previste in via facoltativa in caso di affidamento diretto; inoltre, come abbiamo visto, tutte le interpretazioni in materia sono sempre state orientate al principio di semplificazione.
Del resto la soglia di 150.000 euro coincide con quella prevista dall'articolo 37, comma 1, che consente al singolo ente di affidare la prestazione autonomamente senza ricorrere ad una stazione appaltante qualificata. Con la legge di bilancio si compie un primo passo verso una maggiore uniformazione delle varie soglie: il responsabile del procedimento affida direttamente i lavori fino alla soglia di 150.000 euro e, invece, si avvale della stazione appaltante qualificata e delle relative procedure per le prestazioni di importo superiore alla predetta soglia. D'altra parte, l'ampia discrezionalità riconosciuta alle amministrazioni in fase di selezione degli operatori da invitare è temperata dalla necessità di rispettare i principi generali stabiliti dall'articolo 36, comma 1, e segnatamente il principio di rotazione. Non a caso la deroga in esame è riferita all'articolo 36, comma 2, in continuità con quel bilanciamento tra legalità ed efficienza affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata con riferimento al vecchio codice. Pertanto, si ritiene che l'individuazione delle tre ditte spetti discrezionalmente al responsabile del procedimento, nel rispetto del principio di rotazione. Questa l'interpretazione ci pare tutto sommato più corretta, pur condividendo le preoccupazioni legate a un'applicazione eccessivamente disinvolta della nuova disposizione. È auspicabile in ogni caso un chiarimento immediato da parte del Legislatore, in attesa della revisione complessiva del Codice, in modo da non vanificare gli obiettivi di semplificazione sottesi alla Legge di bilancio e ferma restando l'esigenza di procedure trasparenti. Quel che è certo è che non possiamo attendere mesi per sapere come va applicata una disposizione la cui operatività scade al 31 dicembre di quest'anno, né possiamo disattendere la scadenza del 15 maggio prevista per un utilizzo tempestivo dei contributi assegnati ai Comuni.

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