Appalti

Consiglio di Stato, accesso totale su gare e contratti

di Stefano Usai

La disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti stabiliti ddall'articolo 53 del Dlgs n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, in particolare, all'esecuzione dei contratti pubblici. É questo, in sintensi, l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria , con la sentenza n. 10/2020.

La vicenda
L'Adunanza plenaria,affrontando anche altri aspetti collegati al diritto di accesso in generale, pone fine alla controversa interpretazione circa l'applicabilità o meno della disciplina dell'accesso civico generalizzato ( articolo 5, comma 2, del Dlgs 33/2013) agli atti dell'appalto sia della fase pubblicistica sia della fase esecutiva del contratto. Il collegio si sofferma sul contrasto giurisprudenziale caratterizzato dalle sentenze della sezione III, 5 giugno 2019, n. 3780 e dalle sentenze gemelle della sezione V, 2 agosto 2019, n. 5502 e n. 5503 che poi, semplificando, hanno portato all'ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato n. 8501/2019.
Per la III sezione, l'accesso civico generalizzato si deve ritenere applicabile alla materia degli appalti anche per un lettura costituzionalmente orientata della nuova fattispecie senza possibilità di "strumentalizzare" un diverso coordinamento tra norme; per la V sezione – che si è espressa negativamente - nell'articolato delle varie norme è rinvenibile una esclusione (dovuta all' articolo 5-bis del decreto trasparenza) per «materia» riconducibile, in sintesi, al fatto che l'accesso agli atti dell'appalto trova un proprio «micro sistema normativo» (contenuto nell'articolo 53 del Codice).

La posizione dell'Adunanza plenaria
Il Collegio pone in evidenza, con ampie sottolineature, la rilevanza del valore della trasparenza e delle conoscibilità degli atti della pubblica amministrazione chiarando la distinzione fondamentale tra «bisogno di conoscenza» alla base della richiesta dell'accesso documentale tradizionale (di cui alla legge 241/1990) e il «diritto alla conoscenza» tutelato dall'accesso civico generalizzato.
L'accesso civico generalizzato convive con le altre tipologie dell'accesso documentale e dell'accesso civico «semplice» costituendo lo strumento volto ad assicurare quel controllo democratico in grado di prevenire forme di corruzione nella pubblica amminstrazione in superamento del limite posto «all'accesso documentale che non ammette un controllo generalizzato sull'attività delle pubbliche amministrazioni».
Il Foia rappresenta una «precondizione, (…), per l'esercizio di ogni altro diritto fondamentale nel nostro ordinamento perché solo conoscere consente di determinarsi, in una visione nuova del rapporto tra potere e cittadino che, improntata ad un aperto e, perciò stesso, dialettico confronto tra l'interesse pubblico e quello privato, fuoriesce dalla logica binaria e conflittuale autorità/libertà». Le limitazioni a tale prerogativa sono rinvenibili solamente nelle tre ipotesi di eccezioni assolute: «i documenti coperti da segreto di Stato; gli altri casi di divieti previsti dalla legge, compresi quelli in cui l'accesso è subordinato al rispetto di specifiche condizioni, modalità e limiti; le ipotesi contemplate dall' articolo 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990». Ambito, circoscritto, finalizzato a garantire un livello di protezione massima a determinati interessi, ritenuti di particolare rilevanza per l'ordinamento giuridico, ed in queste situazioni «la pubblica amministrazione esercita un potere vincolato, (…) preceduto da un'attenta e motivata valutazione in ordine alla ricorrenza, rispetto alla singola istanza, di una eccezione assoluta e alla sussunzione del caso nell'ambito dell'eccezione assoluta, che è di stretta interpretazione».
Inoltre, la lettura delle eccezioni non deve essere «scorporata» ma unitaria «evitando (…) di trarne con ciò stesso dei nuovi, autonomi l'uno dagli altri, limiti, perché una lettura sistematica, ostituzionalmente e convenzionalmente orientata, impone un necessario approccio restrittivo (ai limiti) secondo una interpretazione tassativizzante».
Pertanto, la lettura deve avvenire «secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione» considerata la logica di fondo in vista della tutela dell'interesse conoscitivo che altimenti verrebbe frustrato (determinando un «buco nero della trasparenza>>). Rimane ferma, infine, l'esigenza di una equilibrata applicazione della nuova prerogativa "secondo un canone di proporzionalità, proprio del test del danno (c.d. harm test), che preservi il know-how industriale e commerciale» senza però «sacrificare del tutto l'esigenza di una anche parziale conoscibilità di elementi fattuali, estranei a tale know-how».

La sentenza del Consiglio di Stato n. 10/2020

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