Fisco e contabilità

Moratoria Imu, la risoluzione del Mef non obbliga alla revoca della delibera

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di Pasquale Mirto

La risoluzione n. 5/Df /2020 sta creando molte incertezze in relazione alle delibere già adottate dagli enti (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa di ieri).
Va precisato che non c'è alcun obbligo normativo di revocare la delibera comunale sulla base dell'interpretazione fornita dal Dipartimento delle finanze, interpretazione che non pare trovare immediato appiglio nel quadro normativo di riferimento, oltre al fatto che non ci sono i tempi tecnici per far rideliberare il consiglio comunale, e non pare legittimo disporre la revoca con delibera di giunta comunale da sottoporre alla successiva ratifica del consiglio.

Per giurisprudenza di legittimità costante (da ultimo Cassazione n. 4995/2020) le risoluzioni ministeriali non sono vincolanti né per i Comuni né per i contribuenti. Anzi, ad avviso della Cassazione «non si può, al riguardo, non concordare con quella dottrina secondo la quale ammettere che l'amministrazione, quando esprime opinioni interpretative (ancorché prive di fondamento nella legge), crea vincoli per sé e i Giudici tributari, equivale a riconoscere all'amministrazione stessa un potere normativo che, a tacer d'altro, è in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge codificato dall'art. 23 Cost.» (Cass. n. 370/2019).

A ciò si aggiunga, che nel caso della risoluzione n. 5/Df, considerando la situazione emergenziale e la volontà dei Comuni di agevolare i contribuenti con difficoltà economiche causate dalla pandemia, l'intervento ministeriale invade la competenza della decisione politica, le cui scelte trovano comunque conforto nelle norme, e in particolare nel comma 775 della legge 160/2019 e nello stesso articolo 52 del Dlgs 446/1997, che non impedisce, in generale, interventi di favore sulle sanzioni.

Ciò detto, la maggior parte dei Comuni ha approvato lo schema di delibera predisposto da Ifel, il quale tuttavia non recava alcun distinguo tra quota statale e quota comunale. Quindi, se il Comune non vuole imbarcarsi in disquisizioni con il ministero può semplicemente chiarire sul proprio sito che la delibera intende prevedere la moratoria solo con riferimento alla quota comunale. Così, operando, non sussiste neanche il problema della legittimità della sanzione, perché a questo punto la moratoria non è altro che un differimento selettivo, sicché se è possibile per il Comune differire la rata di acconto della sola quota comunale al 30 settembre, allo stesso modo è possibile dire che i versamenti ricevuti entro il 30 settembre non saranno oggetto di sanzioni ed interessi. Le due misure sono perfettamente identiche.

Il Comune potrebbe legittimamente mantenere fermo il differimento o la moratoria anche sulla quota statale, ma a quel punto è ipotizzabile un rilievo da parte del ministero. Siccome però la delibera in questione, avendo natura regolamentare, dovrà essere inviata entro il 14 ottobre, eventuali rilievi o la revoca della stessa delibera dopo la scadenza del 30 settembre, manterrà indenni i contribuenti, in forza di quanto disposto dall'articolo 10, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente, il quale dispone che «non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima».

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