Appalti

Definizione di controllo pubblico, possibile anche una pronuncia di orientamento generale

di Luciano Cimbolini

La questione del controllo pubblico nell'ambito del decreto Madia, con ogni probabilità, arriverà al vaglio della Sezione Autonomie. Con la delibera n. 57/2019, la Sezione regionale di controllo dell'Umbria della Corte dei conti (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e della Pa dell'11 aprile), dopo un'analisi delle varie posizioni in campo, ha rimesso gli atti al Presidente della Corte dei conti affinché valuti la possibilità di deferire la questione alla Sezione delle Autonomie, sempre che lo stesso Presidente non ritenga, invece, opportuna l'adozione, da parte delle Sezioni Riunite, di una pronuncia di orientamento generale qualora riconosca la sussistenza di un caso di eccezionale rilevanza ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

La faccenda
La vicenda nasce dalla richiesta di un parere da parte di un Comune umbro, sollecitato da due società miste a maggioranza pubblica, ma con socio privato operativo scelto con gara, operanti nel capo dei servizi pubblici a rete, circa l'estensione del concetto di controllo pubblico secondo l'articolo 2, comma 1, lettere b) e m), del Dlgs 175/2016. Ovviamente, il fine della richiesta è quello di conoscere se a queste società, a maggioranza pubblica, ma la cui gestione, nella sostanza, è "appaltata" al socio privato operativo, si applichino quelle parti del decreto Madia (soprattutto gli articoli 6, 11 e 19) con chiara connotazione pubblicistica, quali gli obblighi di trasparenza, di anticorruzione, di contenimento dei costi di funzionamento, compreso quelli del personale e degli organi societari, di modalità assunzionali e di prevenzione del rischio di crisi aziendale, che derivano dall'inserimento all'interno del perimetro delle società a controllo pubblico.

La decisione
La Sezione dell'Umbria, preliminarmente, ha specificato che il concetto di controllo pubblico previsto dal decreto Madia non coincide con quello meramente civilistico previsto dall'articolo 2359 del codice civile, perché si tratta di una definizione funzionale all'applicazione del decreto Madia stesso. Premesso questo, in delibera si effettua, con grande perizia tecnica, un resoconto delle due opposte posizioni in campo.
La prima è quella che afferma che il controllo pubblico sussista anche quando più pubbliche amministrazioni detengano congiuntamente la maggioranza del capitale sociale e si coordinino tra loro pur in assenza di accordi formali di organizzazione delle partecipazioni azionarie. Pertanto, anche quando la situazione di controllo sia desumibile da meri comportamenti concludenti, le amministrazioni pubbliche socie sono tenute a considerare tali società come soggette al controllo pubblico, con tutte le conseguenze del caso. Seppur con varie sfumature, a questa tesi si rifanno la Sezione di Controllo della Liguria con deliberazione n. 3/2018, la Sezione di Controllo dell'Emilia-Romagna con deliberazione n. 43/2018, la struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche del Mef con la nota di orientamento del 15 febbraio 2018, la Sezione di controllo per il Trentino Alto Adige, Sede di Bolzano, con deliberazione n. 8/2018, la stessa Sezione di controllo dell'Umbria con deliberazione n. 5/2019 e, in modo molto sfumato, la Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 14/2018.
La seconda tesi, invece, è quella che esclude dalla definizione di controllo pubblico, inquadrandola invece in quella di "semplice" partecipazione pubblica, l'azionariato "pulviscolare" maggioritario di pubbliche amministrazioni in assenza di convenzioni, patti parasociali o di sindacato idonei a garantire un effettivo controllo congiunto dei soci pubblici. A sostegno di questa tesi, anche qui con diverse sfumature, si richiamano il Tar del Veneto (sentenza n. 363/2018), la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia (deliberazione 398/2016) e il Consiglio di Stato (sentenza n. 578/2019).
Dai diversi orientamenti riportati e indipendentemente dalla loro fondatezza, appare chiara l'esigenza di trovare un punto di sintesi tra le istanze pubblicistiche del testo unico sulle partecipate e le norme civilistiche che regolano la capacità di agire delle società, cui fondamentalmente si ispirano le richiamate pronunce del giudice amministrativo.

Ed appare ancora più evidente la necessità ordinamentale di fornire un'interpretazione definitiva in materia di determinazione del perimetro del controllo pubblico in relazione ai numerosi casi di società a maggioranza pubblica frazionata in assenza di meccanismi formalizzati di coordinamento dell'azionariato, tenendo presente che da questa decisione deriveranno fondamentali conseguenze in materia di efficacia e incisività nell'applicazione del decreto Madia.

La delibera della Corte dei conti Umbria n. 57/2019

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